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Craving e ricadute nei disturbi da uso di sostanze

La quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, il DSM 5, è l’ultima versione del testo di riferimento dell’American Psychiatric Association sui nomi, i sintomi e le caratteristiche diagnostiche di ogni malattia mentale riconosciuta, incluse le dipendenze da sostanze e le dipendenze comportamentali. Nel DSM 5, per la prima volta rispetto alle edizioni precedenti, tra i sintomi che caratterizzano i Disturbi correlati ad uso di sostanze, viene introdotto quello del craving (cioè forte desiderio di utilizzare la sostanza).

Il craving (letteralmente “fame” o “brama”) si definisce come un desiderio irresistibile e intrusivo, che comporta la perdita di controllo sugli impulsi e sui comportamenti e una serie di azioni tese a raggiungere l’obiettivo desiderato, cioè il soddisfacimento del desiderio della sostanza. La persona in fase di craving sperimenta una tensione a consumare la sostanza (o mettere in atto un comportamento) che ha inizialmente generato piacere e sviluppa un pensiero ossessivo e ricorrente nei confronti dell’assunzione della sostanza/comportamento, fino a perdere il controllo sui propri impulsi e sulle proprie azioni.

La pervasività del craving è così forte da sovvertire gli obiettivi della quotidianità, ma anche la scala di valori dell’individuo. Ad esempio, una persona dipendente dall’eroina, o un consumatore abituale di cocaina, sanno che ci sono rischi molto forti nell’uso di queste sostanze: raccogliere una siringa da terra per iniettarsi eroina, o usare la cocaina durante la gravidanza o se si hanno patologie cardiocircolatorie, può comportare un forte rischio per la salute. Tuttavia, nel momento in cui si genera un forte desiderio di “farsi”, l’importanza di assumere una sostanza supera di gran lunga anche al valore della propria salute e della propria vita. Per una persona dipendente la salute, la legge e soprattutto gli affetti e le relazioni umane passano in secondo piano se costituiscono un ostacolo al soddisfacimento del craving. A questo fenomeno viene attribuito un ruolo centrale nel mantenimento della tossicodipendenza e nel processo delle ricadute, anche molto tempo dopo la cessazione dell’utilizzo della sostanza. L’esposizione ai cosiddetti trigger, o stimoli significativi, quali ad esempio l’incontro con un amico “fatto” o la frequentazione di luoghi nei quali in precedenza si è abusato di sostanze, può scatenare il craving che a sua volta induce alla ricerca della sostanza.

Le moderne tecniche di studio del cervello, cosiddette di neuroimaging, hanno dato forte impulso allo studio di questo fenomeno. Oggi, infatti, il craving e la sua manifestazione comportamentale di ricerca attiva della sostanza, può essere “visualizzato” attraverso una “mappatura” delle aree cerebrali che si attivano in relazioni agli stimoli in grado di elicitare tale condizione. Sembra che le aree del cervello maggiormente coinvolte in questo fenomeno siano quelle legate ai meccanismi di piacere, memoria e motivazione. Di fronte ad un comportamento, o una sostanza, che genera piacere il cervello umano registra e memorizza quello stato e cercherà poi di risperimentarlo appena possibile. Tutto ciò che ci dà piacere, come il cibo, il sesso, ma anche la musica o il consumo di sostanze stupefacenti, è in grado di suscitare una sensazione di appagamento e di gratificazione, aumentando i livelli di dopamina. Questa molecola è conosciuta come la “molecola dell’euforia”, in quanto la sua presenza è legata alla sfera del piacere e al meccanismo della ricompensa.

Quando la dopamina viene rilasciata in grandi quantità, ad esempio con l’uso di sostanze stupefacenti, questa sostiene le sensazioni di piacere e ricompensa, motivando l’individuo a ripetere un comportamento specifico, in questo caso l’uso della sostanza. La ricerca in neurobiologia ha dimostrato che, oltre al sistema dopaminergico, altre aree del cervello sono implicate nel desiderio compulsivo di sostanze, ad esempio la corteccia prefrontale. Questa ha un ruolo fondamentale nel controllo degli impulsi e nell’organizzare il comportamento finalizzato: è il substrato per la rappresentazione degli obiettivi che guidano le nostre azioni e quindi per scegliere, mantenere e manipolare le informazioni essenziali al raggiungimento di tali obiettivi. La corteccia prefrontale è fortemente implicata nelle funzioni di controllo e nei processi decisionali. Un’alterazione in quest’area comporterebbe quindi un disequilibrio nell’individuazione di ciò che è bene e ciò che è male e nel controllo cosciente di impulsi e comportamenti potenzialmente dannosi o inappropriati.

Lo sapevi che:

  • Il fenomeno del craving riguarda non solo le sostanze d’abuso, ma anche il cibo o comportamenti specifici come il gioco d’azzardo.
  • Il gioco d’azzardo patologico è l’unico Disturbo da addiction attualmente riconosciuto dal DSM5. Gli altri, ancora in fase di studio, sono la dipendenza da internet, da shopping, da attività sportiva e dal sesso.
  • Purtroppo, forme di dipendenza e di craving sono presenti anche nell’autolesionismo o nei sintomi dei Disturbi del comportamento alimentare, quando questi vengono messi in atto in modo ripetitivo e in maniera compulsiva.

Dubbi e domande:

Anonima,
Prima lo facevano solo per divertimento ora ho la sensazione che non riescano più a farne a meno…
Anonimo,
Volevo avere informazioni sul fenomeno del craving…


In questa scena del film “Trainspotting” Sick Boy spiega il suo metodo per disintossicarsi….